Ci sono attrici che ammiri da lontano e donne che invece ti sembra di aver conosciuto davvero. Diane Keaton era una di quelle che, anche se non l’hai mai incontrata, ti dava la sensazione che avresti potuto parlarci seduta a un tavolino, cappuccino e cappello a tesa larga inclusi. Non per un’intervista, ma per una chiacchiera di quelle sincere, dove si ride un po’ troppo e ci si sente al sicuro.
Credo di averla vista per la prima volta nel Il Padrino, in mezzo a tutto quel testosterone cinematografico, e invece di guardare Michael Corleone, a un certo ho guardato lei. Non era al centro della scena, non aveva monologhi drammatici, ma quello sguardo che diceva più di mille battute.
Poi è arrivato Io e Annie e lì è successo qualcosa di strano: Diane Keaton sembrava vera. Non vera “perché recita bene”, ma vera tipo “potrebbe essere una nostra amica che arriva in ritardo, con i capelli un po’ così e una risata che parte un secondo dopo rispetto al resto del mondo”. E a quel punto, inutile negarlo, secondo me, abbiamo pensato almeno una volta di comprare un gilet da uomo e un cappello, perché se lei poteva permettersi di essere fuori moda ed essere comunque splendida… allora forse potevamo farlo anche noi.
In Tutto può succedere l’abbiamo ritrovata più grande, più matura, ma con lo stesso spirito. Con quella scena in cui piange ridendo e ridi e piangi pure tu, perché ti accorgi che nessuna età le ha mai tolto il diritto di essere emotiva senza vergona. E diciamolo: quante attrici, a una certa età, vengono ancora lasciate libere di essere desiderate, complicate e divertenti tutto insieme?
E allora sì, citiamone alcune, perché quelle risate le abbiamo condivise davvero: Il padre della sposa, Il club delle prime mogli (iconica la scena del balletto con Bette Midler e Goldie Hawn), Tutto può succedere, Natale all’improvviso, Appuntamento al parco, La neve nel cuore, Perché te lo dice mamma. Film da popcorn e divano, sì. Ma lei li rendeva speciali, come se ci facesse spazio sul divano accanto a lei.
Il suo stile non lo definiremmo “moda”. Era più un modo di dire “io mi vesto così, se vi piace bene, se no vi arrangiate”. Nessuna scollatura di rito, nessun vestito pensato per piacere: solo linee larghe, maschili, cappotti enormi e quella postura da “io ho freddo e mi copro, fine”. E la moda, paradossalmente, le è corsa dietro. È quasi comico: lei scappava da ogni etichetta glamour e le riviste correvano a chiamarla icona.
E adesso che se n’è andata, viene spontaneo dirlo tra noi, magari proprio al bar:
“Ti rendi conto? Una come lei, che faceva sembrare semplice essere se stesse.”
Allora sì, facciamolo questo brindisi. Non alla diva, non alla leggenda. Alla donna che ci ha insegnato che si può essere eleganti anche quando non si è perfette.
A Diane, che camminava fuori posto con una grazia tutta sua.
E a noi, che ogni tanto ci proviamo.




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