Quando ho iniziato La baronessa di Carini di Costanza Di Quattro (autrice anche de Il profumo del basilico – trovate la recensione sul blog), mi aspettavo un intreccio di passioni e misteri. Ma non immaginavo che la leggenda dietro questa storia mi avrebbe affascinata tanto quanto la narrazione stessa.
Partiamo dall’inizio...
Mi sono avvicinata a questo romanzo con curiosità. Pur essendo siciliana e appassionata di miti e leggende, conoscevo poco quella della Baronessa di Carini. E così ho deciso di colmare questa lacuna, certa che tra le pagine non avrei trovato solo la leggenda, ma qualcosa di più: una riscrittura viva, vibrante, carica di significato.
Il romanzo, edito da Gallucci (che – lasciatemelo dire – ha un fiuto editoriale notevole. E no, non è un post in collaborazione… magari!), riprende una struttura narrativa cara all’autrice: due storie parallele che si incontrano in un viaggio siciliano. Ma questa volta non si tratta di un personaggio singolo: a partire è un’intera classe, un quarto ginnasio, nel loro primo viaggio d’istruzione.
Come ogni gita scolastica che si rispetti, ne succedono di tutti i colori: malesseri in pullman, feste in camera oltre mezzanotte, complicità e tensioni adolescenziali. Ma in questo viaggio succede qualcosa di molto più grande.
Se vi dicessi “viaggio spazio-temporale”, mi credereste?
Non vado oltre. Ma voi dovete leggere questo romanzo. Parola di zia Marta.
Lo stile è coinvolgente, denso di atmosfera, mai scontato. Un vero omaggio alla nostra terra – la Sicilia delle contraddizioni, dei miti, delle storie eterne. Una terra dove le leggende non invecchiano mai.
La leggenda della baronessa
Il romanzo di Costanza Di Quattro si ispira a una delle storie più affascinanti (e cupe) della tradizione siciliana: quella della Baronessa di Carini. Una vicenda che affonda le radici nel Cinquecento e che, seppur avvolta nel mistero, continua a parlare al presente.
La protagonista storica è Laura Lanza di Trabia, giovane nobildonna costretta a un matrimonio combinato con Don Vincenzo La Grua-Talamanca, barone di Carini. Ma Laura si innamora di un altro uomo, Ludovico Vernagallo. E paga quel sentimento con la vita. Nel 1563, scoperta la relazione, viene uccisa – secondo alcune versioni dal marito, secondo altre addirittura dal padre – per “onore”.
La tragedia sarebbe avvenuta all’interno del Castello di Carini, dove si racconta che ancora oggi siano visibili, su una parete, le impronte insanguinate della mano della baronessa, lasciate nel tentativo disperato di salvarsi. Quelle tracce, mai del tutto spiegate, sono diventate simbolo e reliquia della leggenda.
Una leggenda che non muore
La storia di Laura Lanza è diventata parte integrante del folklore siciliano: è stata tramandata attraverso ballate popolari, racconti orali, poesie e persino adattamenti televisivi, come lo sceneggiato RAI del 1975 con Ugo Pagliai e Janet Agren, che ha contribuito a fissarne l’immagine nell’immaginario collettivo.
Una donna vittima, sì. Ma anche simbolo di amore ribelle e di resistenza in un mondo patriarcale.
Ma la vera forza del romanzo sta anche nei suoi giovani protagonisti. Gli adolescenti che compongono questa classe non sono semplici comparse: ognuno di loro ha una storia da raccontare, una ferita nascosta, un dubbio, una rabbia o un dolore che – proprio come la leggenda della baronessa – cerca voce e riscatto. È attraverso i loro occhi che il passato prende vita, ed è grazie alla loro sensibilità che la storia di Laura Lanza riesce a toccare il presente. Alcuni affrontano il vuoto lasciato da un genitore assente, altri la fatica di sentirsi all’altezza, altri ancora il peso di una scelta difficile. E in questo viaggio, che è tanto reale quanto simbolico, accade qualcosa: si cresce, si cambia, si ascolta. E si impara a guardare oltre.
Mi sono chiesta più volte perché questa storia ci tocchi ancora oggi. E la risposta è amara: forse perché assomiglia terribilmente a tante storie che continuano ad accadere, e che sentiamo ogni giorno al telegiornale. Più che una leggenda, sembra una maledizione. La maledizione di essere donna in una società che, ancora oggi, fatica a riconoscere il valore della libertà femminile.
In questo romanzo, Costanza Di Quattro restituisce voce alla baronessa, la libera dalla sola etichetta di vittima, e ne fa una figura quasi femminista ante litteram, umana e viva, che reclama amore e verità.
Se amate le storie che intrecciano mito e realtà, che sanno emozionare e far riflettere, La baronessa di Carini è una lettura imperdibile. Un viaggio tra passato e presente, tra memoria e immaginazione. Ma soprattutto, una storia che chiede ancora di essere ascoltata.
Piccola curiosità
Pur essendo stata uccisa nel 1563 al Castello di Carini, la sepoltura di Laura Lanza non è mai stata del tutto chiara. La tradizione locale la colloca nella cripta dei La Grua dentro la chiesa Madre di Carini. Ma numerosi studi moderni spostano l’attenzione su Palermo, nella cripta della famiglia Lanza, presso la chiesa di Santa Cita (San Mamiliano). Qui giace un sarcofago anonimo decorato con lo stemma nobiliare e la statua di una giovane donna: un probabile riferimento proprio a Laura. Se riconfermato, resterebbe un paradosso simbolico: suo padre – autore del delitto – avrebbe tessuto per lei una tomba accanto alla propria.
Commenti
Posta un commento