Ieri sera ho partecipato a una presentazione molto speciale: quella del romanzo America Delight di Giuliana Arcarese, meglio conosciuta come Makeup Delight. E la cosa buffa è che, appena tornata a casa, l’ho letto tutto d’un fiato. Chi mi conosce sa quanto sia insolito per me, che sono una lettrice lenta, prender così fuoco per un libro. Ma questa è Giuliana, da sempre. Ti prende, ti parla come se fossi seduta con lei sul divano, con un tè caldo tra le mani, e ti racconta storie che sembrano anche un po’ le tue.
Un viaggio iniziato nel 2009 (avevo 12 anni)
Ho iniziato a seguire Giuliana nel 2009. Avevo dodici anni, la curiosità a mille e un amore precoce per il makeup che non ho mai saputo spiegare fino in fondo, anche perché mia madre, da quel punto di vista, è l’opposto di me. Non è stata lei a trasmettermi la passione: anzi, è stata lei a lasciarsi contagiare da me. Ricordo ancora quanto ci divertiamo oggi quando la trucco – una piccola inversione dei ruoli madre-figlia che mi fa sempre sorridere.
Giuliana mi colpì subito: per la sua spontaneità, per il suo accento così familiare (il mio è simile), per i suoi makeup ma anche per i suoi fiori giganti tra i capelli. Chi se li ricorda? Io sì, eccome! Clio è stata la mia prima porta d’ingresso nel mondo del trucco, ma Giuliana è stata una delle prime chiavi con cui ho imparato a esplorarlo sul serio.
Makeup: da gioco a corazza (e ritorno)
Per me il trucco è iniziato come un gioco. A sette anni chiesi a Babbo Natale una trousse giocattolo, a quattordici un angolo makeup nella mia stanza (che per motivi di spazio arrivò solo dieci anni dopo). Poi è arrivata l’adolescenza, e con lei l’acne. Quella vera, persistente, ormonale. Quella che ti porti dietro per anni, nonostante tutto.
Ricordo ancora i commenti. Al liceo, all’inizio, usavo solo lucidalabbra e un po’ di mascara. Poi iniziarono le battute: “Peccato per quell'acne Marte, saresti molto bella senza.” Tradotto: sei brutta. In un’età in cui l’aspetto esteriore sembra tutto, il makeup è diventato una necessità, una copertura. Non uscivo più senza fondotinta (quello da farmacia, per intenderci, che coprisse bene le infiammazioni). Fino a quando, grazie a Giuliana, Clio e altri makeup artist, ho riscoperto la parte bella del gioco.
Ho ricominciato a divertirmi, a giocare con i colori, con le luci, con le sfumature. Ho imparato a valorizzarmi, non a nascondermi. Ho anche iniziato a uscire struccata – magari non sempre sicura, con un po’ di timore per gli sguardi e i commenti, ma con una consapevolezza diversa. Oggi curo la mia acne, ed è questa la vera vittoria.
Come scrive Giuliana nel suo libro:
"Amavo dare consigli e truccare: c'è qualcosa di magico nel vedere l'espressione di una persona prima e dopo l'applicazione del makeup. Viene pervasa da un senso di sicurezza che sarà pure apparenza, ma, inutile mentire, conta anche quella!"
E ha ragione. A volte bastano un mascara e un rossetto per sentire un briciolo di forza in più. Non per nascondere, ma per affrontare il mondo a testa alta.
Giuliana: la donna oltre il makeup
America Delight non è solo un libro. È un pezzo di vita, un racconto autentico, duro, dolce, intenso. Giuliana racconta di sé, dei sacrifici, del distacco dalla sua terra, della scoperta dell’America e delle mille possibilità che ha aperto. Parla di famiglia, di lavoro, di passioni, ma anche di solitudine, di politica, di cibo. Alcuni capitoli sono emotivamente molto forti, altri fanno ridere con quel suo tono inconfondibile, ironico ma mai superficiale.
Ecco, Giuliana per me è questo: la dimostrazione vivente che la leggerezza non è superficialità, come diceva Calvino. Che si può guardare una maratona politica e poi passare a Uomini e Donne, che si può parlare di rossetti e di diritti, di eyeliner e di elezioni. Che si può essere profondi e leggeri insieme, senza mai perdere la propria identità.
"No, il trucco non cura le ferite, ma può dare un po' di sollievo che, a volte, aiuta. Il makeup è sempre stato per me creatività, divertimento, una coperta di Linus per farmi sentire meglio."
Queste parole, per chi ha vissuto il makeup non solo come abbellimento, ma come strumento di guarigione emotiva, arrivano come una carezza.
Una piccola confessione (o forse un sogno)
Per un periodo ho pensato davvero di fare la makeup artist. Ho seguito corsi, sperimentato, truccato chiunque me lo permettesse. Non escludo affatto che in futuro non decida di qualificarmi ufficialmente. Come dice mia madre: “Non ti basterebbero cento vite per fare tutto quello che vuoi fare.” Forse ha ragione, ma per ora mi tengo stretta questa passione, questo amore per il makeup che mi ha salvato più volte e che continua, ogni giorno, a farmi sentire bene – dentro e fuori.
Credo che ogni persona abbia bisogno, prima o poi, di un punto fermo. Un riferimento, qualcuno che parli la nostra stessa lingua emotiva. Per me, in quegli anni difficili e pieni di cambiamento, Giuliana è stata proprio questo. Una figura lontana ma familiare, che mi ha insegnato che la bellezza non è mai solo esterna, e che si può costruire giorno dopo giorno, anche con un pennello e una palette. E America Delight è il suo modo più intimo di raccontarcelo.
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