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Ricetta Palermitana: Cacio all'argentiera

 Inutile ribadirlo ad ogni ricetta, la cucina è parte fondamentale della mia vita. Pur non essendo quella che potrebbe essere definita come una buona forchetta, l'atto del cucinare mi ha cambiato la vita, un po' come hanno fatto tutte la passioni che coltivo.

Le mie molteplici passioni spesso possono sembrare incongruenti fra loro, senza un filo conduttore, ma per me non è così. 

Del cibo ad esempio, cerco sempre di conoscere la sua storia, sì perché dietro un piatto c'è sempre una storia, più o meno interessante ma pur sempre una storia. Ed è così che ad esempio unisco la mia passione per i fornelli a quella per le parole. 

La storia dietro queste ricetta io la definisco geniale.

Prendete il detto Fare di necessità virtù e capirete che può applicarsi benissimo alla nascita di uno dei miei piatti preferiti in assoluto: Il cacio all'argentiera.

Vi va di sentirla?

Mettetevi comodi e poi correte a comprare del buon cacio cavallo perché vi assicuro che se non l'avete mai provata vi siete persi qualcosa di unico.

Partiamo col dire che a Palermo molti nomi delle strade che magari percorriamo giornalmente prendono il nome da antichi mestieri che una volta si svolgevano proprio lì. Se avete letto I leoni di Sicilia (se non l'avete fatto vi consiglio caldamente di recuperare) di Stefania Auci ve ne sarete accorti. Una via famosa è quella dei Materessai chiamata così perché lì si confezionavano i materassi, o ancora Via dei Candelai chiamata così perché in quella via una volta si producevano le candele. Ecco, appurato questo concetto anche L'Argenteria è una via di Palermo (una traversa della Vucciria) e gli argentieri erano coloro che realizzavano opere d'arte per le chiese, un mestiere simile a quello degli orafi.

Quindi, cosa c'entra il cacio cavallo con gli argentieri? Siamo tutti d'accordo sul fatto che il cibo sia un'opera d'arte ma forse il nesso non è così intuitivo. 

Il piatto si chiama così perché fu inventato da un'argentiera palermitana.

Se a primo acchito potremmo pensare che il mestiere dell'argentiere fosse un mestiere ricco in quanto lavoravano l'oro e l'argento beh siamo fuori strada.

Gli argentieri come disse lo stesso Gaetano Basile raccontando la storia di questa ricetta erano in realtà poverissimi.

Anche secondo il vicinato gli argentieri erano ricchi, perché per lavorare dovevano tenere il fuco acceso e chi dall'esterno vedeva questo fuoco acceso pensava che effettivamente in quelle case ci fosse una famiglia ricca. Pensate che quando la gente si sposava, le famiglie della coppia per capire quanto denaro avessero rispettivamente chiedevano quante volte al giorno addumavano (accendevano) il fuoco.

Così come la caponata che conosciamo noi (quella con le melanzane per intenderci) nasce come un piatto a base di pesce (protagonista il Capone, per questo il nome Caponata) fu reinventato per essere alla portata di tutti e quindi venne tolto il pesce (alimento che potevano permettersi solo le famiglie più ricche) e sostituito con le melenzane, anche il Cacio nasce per ingannare il palato. 

Essere poveri non era una scelta ma farsi furbi lo era eccome. 

I poveri non potevano mangiare il coniglio alla cacciatora, e allora pensarono (anzi, pensò quella famosa donna argentiera) perché non ingannare i sensi? in fondo l'olfatto non è la vista. 

Nasce così un piatto che fa ballare la samba alle mie papille gustative. L'avreste mai detto?

Infatti la donna preparò il cacio proprio come avrebbe fatto con la carne di coniglio, cuocendolo con olio, aglio, aceto e infine impreziosito con l'origano. L'odore che emanava in cottura era identico a quello del coniglio alla cacciatora. 

Tutto il vicinato pensò che quella donna avesse cucinato il coniglio alla cacciatora e invece aveva appena inventato il Cacio all'argentiera.

La ricetta è davvero semplice ma credetemi quando dico che è da leccarsi i baffi (a proposito di baffi, devo prenotare l'appuntamento dell'estetista). 

Vi servirà ovviamente del cacio cavallo tagliato a fette. La stagionatura dipende dal vostro gusto, se lo volete molto filante allora meglio prenderlo semi stagionato, se lo preferite più duro allora stagionato. Stessa cosa per lo spessore, se lo preferite più spesso fatevelo tagliare circa 2/3 cm altrimenti 1 cm andrà benissimo - il mio consiglio è di scegliere un cacio semistagionato e tagliato ad un 1 cm circa perché così si scioglierà meglio - poi dell'olio, aglio, aceto, zucchero, origano.

In una pentola (suggerisco antiaderente altrimenti sarà difficile girarlo e farlo cuocere bene da ambo i lati) versare abbondante olio evo e aggiungere uno spicchio d'aglio. Aggiungete il cacio cavallo e fatelo sciogliere ma anche dorare da ambo i lati, e poi aggiungete un bicchierino da caffè di aceto con un mezzo cucchiaino di zucchero per sfumare il tutto. 

Scegliete voi quando spegnere il fuoco (questo perché come ho detto prima magari qualcuno lo preferisce più filante rispetto ad altri) adesso spolverateci su l'origano e il cacio è pronto per essere servito.

Nb: Qualcuno preferisce farlo cuocere davvero per pochi minuti e poi proseguire lo scioglimento a forno per circa 5/10 minuti. Personalmente salto questo secondo passaggio perché mi piace che resti un pochino duro e che non sia troppo filamentoso, ma sono gusti :)

Servite e gustate!

Mi raccomando, il piatto va servito caldissimo, quindi non potete prepararlo in anticipo ma sul momento. 

Si presta benissimo come antipasto per il vostro pranzo o ancora come pezzo forte - e originale - di un aperitivo. 

E voi conoscevate questa storia? Fatemelo sapere nei commenti.

Buon inizio settimana, M.









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