I romanzi che parlano di scuola rientrano fra i miei preferiti. Questo in particolare l'ho sentito più vicino a me per diversi motivi, ve ne parlo nei miei due spicci, intanto vi lascio la trama:
"Quando mi sono ritrovata a scegliere la sede per il primo incarico da preside, tra tutte le scuole disponibili ho fatto una scelta di territorio, di quartiere, di impegno, d'amore. L'Istituto Comprensivo Statale Sperone-Pertini si trovava lì, nei pressi dei luoghi di don Pino Puglisi. E io non sarei potuta andare altrove." Quando vince il concorso da preside, dopo diversi anni di insegnamento della lingua inglese, Antonella Di Bartolo scopre la sua vocazione profonda: fare della scuola, della "sua" scuola, il motore del cambiamento civile e culturale degli studenti e di un quartiere intero. Forte di questa profonda motivazione, la preside sceglie di partire da una scuola in disarmo: l'Istituto Sperone-Pertini nei quartieri Sperone e Brancaccio, Palermo, zona tristemente nota per l'omicidio di padre Puglisi e per una storica compromissione mafiosa. Nell'ufficio scolastico regionale un funzionario all'atto della firma del contratto le porge le sue ironiche e testuali "condoglianze", ma Di Bartolo non si scoraggia, anzi: è proprio in quel luogo che sente di dover andare. Comincia dai genitori, ingaggiando un'azione di convincimento porta a porta, in cartoleria, dal panettiere, bussando ai portoni delle case popolari, trovandoli a volte avversi allo Stato, ma ancor più spesso semplicemente ignari dei diritti dei loro figli. E lentamente la scuola, su cui pendeva la minaccia della chiusura, si ripopola di studenti. La riempie poi di stimoli, di insegnanti motivati e di attività educative, facendo sì che per questi bambini e bambine, ragazzi e ragazze si aprano orizzonti interessanti e talvolta in netto contrasto con il vissuto familiare. Il risultato è che oggi l'Istituto Sperone-Pertini è un luogo di apprendimento in cui docenti, genitori, allieve e allievi intessono insieme ogni giorno una splendida trama di civismo positivo.
Cosa ne penso?
Domani c'è scuola è un romanzo che parla di speranza, quella speranza latente ma che non si spegne mai.
Racconta la storia della preside Antonella Di Bartolo all'interno dell'Istituto comprensivo Sperone Pertini e di quello che ha affrontato (e continua ad affrontare) nel suo ruolo.
Antonella Di Bartolo ha scelto questa scuola e lo ha fatto pensando al periodo delle stragi di mafia e a quella periferia abbandonata dalle istituzioni. Sì perché l'istituto si trova in una zona di Palermo abbandonata da tutti, dove la criminalità ha spesso la meglio e dove i bambini hanno un futuro spesso già scritto.
La preside Di Bartolo non ha mai accettato questo, domandandosi perché questi bambini non possano sognare in grande e provando a dar loro la possibilità di farlo.
Come scrivevo all'inizio di questo articolo, conosco bene questa realtà perché ci lavoro e anche io sono spesso vittima di occhiatacce quando dico in che scuola presto servizio.
Da noi si dice Fatti a nomina a ba cuiccati, ovvero fatti conoscere e sarai marchiato a vita con quell'etichetta, la scuola e soprattutto il quartiere hanno un brutta nomea che difficilmente potrà essere superata ma grazie a persone come la preside Di Bartolo ci si prova.
Alcune storie narrate all'interno del romanzo mi hanno toccato profondamente nel bene e nel male ma quello che sicuramente mi ha colpito di più è la tenacia di questa donna che non si è mai arresa e continua a non farlo, portando una luce di speranza in un luogo che per troppo tempo tutti hanno considerato buio.
Decisamente consigliato.
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