Era il lontano (ma non troppo) maggio 2017 quando su Netflix è arrivata una serie dal titolo Anne with an E, in Italia conosciuta come Chiamatemi Anna. Avevo vent'anni e Netflix era ancora una piattaforma "nuova" perché arrivata da noi nel 2015 e il catalogo era decisamente inferiore a quello che abbiamo oggi. Erano gli anni di Tredici, della prima stagione di Stranger Things e delle rom com come Tutte le volte che ho scritto Ti Amo (Peter Kavinsky vero amore) e The Kissing Booth (Jacob Elordi era ancora per pochi).
Mi percepite nostalgica? Lo sono.
Ma torniamo ad Anna... ovviamente la conoscevo già, chi non conosce Anna dai capelli rossi? L'anime del 1979 reso immortale da Italia Uno e tramandato da generazione in generazione come tanti altri titoli: Heidi, Papà Gambalunga ecc...
Da bambina lo guardavo mentre facevo colazione e la sigla la ricordo ancora a memoria (tutte in realtà, evidentemente la mia mente ha deciso di cancellare le divisioni in colonna ma non le sigle dei cartoni animati).
Anna ha quindi fatto parte della mia infanzia, e poi con l'arrivo della serie tv della mia adolescenza (sì raga, secondo la psicologia siamo adolescenti fino ai venticinque anni, non faccio io le regole.)
Quando ho iniziato Chiamatemi Anna mi sono innamorata.
Oltre ad essere una serie fatta da Dio a livello scenografico lo è anche (e soprattutto) se parliamo di sceneggiatura.
Chiamatemi Anna affronta le tematiche più disparate e sicuramente rivoluzionarie per l'epoca, e nonostante ciò riesce ad essere una serie semplice ma incredibilmente capace di fare breccia nel cuore di ognuno di noi, è per questo che non smetterò mai di consigliarla, A TUTTI.
Da allora ho fatto il rewatch almeno tre volte e ogni volta mi emoziono e diverto come la prima.
Anna è entrata immediatamente nelle mie grazie, lei ed il suo spirito buono, determinato, delle volte eccessivamente drammatico e teatrale. Dopo un paio di puntate ti ritrovi a desiderare che si materializzi nella tua stanza perché la vorresti come amica.
Anna è un personaggio imperfetto, si caccia nei guai tante volte - pur partendo con buone intenzioni - non dice sempre la cosa giusta (la scena dopo il funerale del papà di Gilbert mi fa malissimo ogni volta) e spesso è fin troppo impulsiva, ma forse mi piace proprio per questo.
Il punto è che non è solo Anna, è tutto l'insieme, è il mondo creato da Lucy Maud Montgomery ad essere speciale, a farti sentire a casa.
Parliamo un po' di lei... della mamma di Anna.
La Montgomery nasce il 30 novembre del 1974 in Canada proprio sull'isola del principe Edoardo (dove è ambientato Anna). La madre è morta prima che Lucy compisse due anni e il padre devastato dal dolore non è riuscito a prendersi cura della figlia da solo, così decise di mandarla a vivere dai nonni materni. A sei anni iniziò a tenere un diario (fu il suo primo approccio con la scrittura) perché era spesso da sola e doveva dar sfogo alla sua immaginazione (chi vi ricorda?).
Studiò tanto e a lungo, infatti diventò un'insegnante e in quel periodo riuscì a pubblicare le sue prime opere. Nel 1908 dopo aver pubblicato già una serie di romanzi, pubblicò Anne of Green Gables e da lì diventò un nome conosciuto in tutto il mondo. A quanto pare ebbe un unico vero grande amore che però non sposò mai e che si dice aver ispirato Gilbert Blythe e aver dato ad Anna il lieto fine che lei non è riuscita ad avere (Tragical romance and all?). Si sposò con un uomo che non amava, più per adempiere ai doveri dell'epoca che altro, ma non si separarono mai perché nonostante tutto Lucy credeva nel legame matrimoniale, ed era anche fortemente religiosa. I due ebbero tre figli.
Lucy morì nel 1942 a Toronto, ma la sua penna è rimasta immortale.
Anna è sicuramente la sua figlia di carta più famosa, conosciuta in tutto il mondo e amata da ogni generazione.
Dopo aver visto la serie ed essermi appassionata così tanto ho deciso di leggere i romanzi, non solo quelli di Anna che non ho ancora completato, ma anche altri titoli dell'autrice.
Anna però ha un posto speciale nel mio cuore, è quel personaggio che mi ispira con il suo coraggio e la sua determinazione, ma è anche lo stesso personaggio dove mi rivedo per eccesso di immaginazione e di sogni ma anche di romanticismo e umorismo non intenzionale.
Anna mi ha insegnato a sognare, ad amare senza riserve e a trovare una soluzione ad ogni ostacolo.
Anna è più di un personaggio di carta...
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